Descrizione
Chi sei? dove vivi?
Questa è già una grande domanda! Ho 29 anni, sono nato e ho vissuto a Trento, nel quartiere di San Pio X. Vivo in Francia da sette anni e conto di restarci ancora, finché il destino lo vorrà. In Francia mi occupo di musica: insegno al conservatorio di Bordeaux e ultimamente suono molto jazz nei locali della città. Ho realizzato anche alcuni progetti di composizione: l’ultimo era destinato al nuovo Musée de la Romanité di Nîmes, un museo molto riuscito in cui si può ammirare la ricca storia romana e gallica del sud-est della Francia. La mia famiglia è venuta per l’occasione da Trento!
Come sei arrivato in Francia e come mai Bordeaux?
Mi sono innamorato. Dico proprio della Francia. Sentivo che qualcosa mi tirava letteralmente oltre il confine. C’era il fascino della lingua, che è meravigliosa, ma anche quella maniera di essere, di vivere “à la française” che era per me irresistibile. Mi sono arrangiato per ottenere un Erasmus a Parigi col conservatorio di Vicenza, dove studiavo allora, nel 2013: è partita l’avventura. A Bordeaux sono arrivato perché si era liberato il posto di insegnamento di armonia al conservatorio. Un concorso è stato organizzato e sono stato assunto.
Com’è la tua vita personale e lavorativa e com'è cambiata da quando c’è l’emergenza coronavirus?
A dire la verità la mia vita è cambiata abbastanza frequentemente negli ultimi anni, perché ho sostenuto diversi concorsi legati all’insegnamento in Francia (abilitazioni, concorsi della funzione pubblica statale, …); ho dovuto viaggiare per preparare e sostenere questi concorsi, ma credo proprio che nei prossimi anni potró “posare le valigie”. Le mie settimane sono scandite dal ritmo scolastico: ore di insegnamento e preparazione delle lezioni. Nel tempo libero mi occupo di eventuali progetti personali. La quarantena è stata molto difficile psicologicamente, soprattutto verso la fine. Ci siamo ritrovati di colpo senza gli allievi e davanti allo schermo. Non si può portare avanti l’attività d’insegnamento davanti ad un monitor: non si tratta infatti di trasmettere nozioni (quelle eventualmente l’allievo se le cerca da solo), ma soprattutto di mostrare gesti, far vedere passaggi in modo teatrale. Senza emozione non esiste apprendimento, infatti se qualcosa ci entusiasma impariamo dieci volte più velocemente; il linguaggio non verbale, il carisma è forse ciò che è più importante nell’attività di insegnamento. Direi addirittura che sono solo sguardi e quell’energia unica data dall’essere tutti riuniti per amore della conoscenza. Ecco perché non farò assolutamente l’apologia della pedagogia online: per quel che mi riguarda ha permesso di tamponare una ferita, ma si deve ritornare il prima possibile ad un contesto di presenza fisica, per il benessere di tutti.
Sappiamo che sei figlio d’arte, dove hai studiato musica e dove ti sei diplomato? Che strumento suoni, che musica suoni ora e qual’è stato, o qual’é il tuo percorso artistico musicale?
In effetti ho iniziato a suonare in casa, come le mie sorelle. Mio padre è stato il mio primo insegnante, ma una volta entrato al conservatorio di Trento ha preferito lasciare il posto al docente con cui poi mi sono diplomato. Ho seguito poi una specializzazione al conservatorio di Vicenza, poi c’è stata la Francia con gli studi al conservatorio di Parigi e Lione. Quando ci si trova ad avere gli stessi interessi in famiglia c’è un percorso da fare per trovare la propria strada; non è sempre facile, il rischio è quello di farsi ombra vicendevolmente. Il fatto che io sia partito credo abbia aiutato. La mia formazione è classica ma sono sempre stato attratto dal jazz, che ho studiato in modo discontinuo e selvaggio fino all’anno scorso, quando mi ci sono applicato seriamente. Credo di aver raggiunto un livello che mi permette, al pianoforte, di divertirmi e di esibirmi in gruppi.
Recentemente è stata pubblicata sul quotidiano trentino il “Trentino” una tua lettera in cui narravi un’esperienza d’integrazione, evidenziando in particolare il valore della conoscenza di una nuova lingua e invitando tutti a insegnare la propria per offrire ad altri un’opportunità di scambio e di crescita. A questo proposito, credi che nel mondo globale in cui viviamo ora, la dimensione culturale – che passa anche e soprattutto dalla conoscenza di altre lingue – possa rappresentare ancora un riferimento di interesse sociale?
È una domanda la cui risposta mi tiene molto a cuore. Credo che la cultura sia uno strumento potentissimo e indispensabile per capire il mondo complesso in cui viviamo. La cultura dà strumenti per orientarsi, per costruirsi un’opinione e direi anche per sopravvivere alle fratture della vita in società, in un mondo globale, come dici giustamente. Per fare cultura bisogna coltivare la diversità, prendere la pazienza di spiegare, di ascoltare, compiere uno sforzo se necessario. Quando però anche la cultura è risucchiata nel vortice del materialismo consumistico che pervade ormai quasi ogni ambito della vita, il consumo di prodotti culturali si sostituisce alla cultura. Pensa per esempio alle serie televisive: sono compiuti ininterrottamente studi di marketing allo scopo di adattare il prodotto al gusto fluttuante dei telespettatori. Per semplificare: ti do in pasto né più né meno di quello di cui, sul momento, vuoi cibarti. E mi dai in cambio non solo denaro, ma anche la tua libertà di pensiero. In ambito musicale, i programmi delle sale filarmoniche danno poco spazio alla musica contemporanea e privilegiano oggetti musicali del passato, inoffensivi per le nostre orecchie. In Filosofia della musica moderna, Adorno spiega molto bene il fenomeno per cui i classici sono privati della loro vernice provocatoria e si trasformano in oggetti neutri, conformisti e socialmente integrati. Per esempio, oggi si può canticchiare l’inizio dell’Eroica di Beethoven e nessuno è sorpreso, ma quando fu scritto da Beethoven fu un vero scandalo. Sono convinto che dobbiamo adottare un’attitudine vigile nei confronti dei media ufficiali ed andare a cercare noi stessi voci che ci che ci sorprendano, ci sconvolgano, ci trasformino.
Vuoi lasciare un messaggio a tutti gli amici di Mondo Trentino?
Vorrei salutare tutti gli amici di Mondo Trentino e mi permetto di consigliare un libro che ho ripreso e che mi sta aiutando molto. Si tratta dei Ricordi di Marco Aurelio. Il grande imperatore, che avrebbe voluto dedicarsi alla filosofia ma fu costretto a restare a lungo sul campo di battaglia per consolidare i confini scricchiolanti dell’Impero, ci ha lasciato uno scritto di una potenza consolatoria sconfinata. Quando poteva sottrarsi ai suoi incarichi, scriveva pensieri, intrisi di filosofia stoica. Teneva una sorta di diario morale per sé stesso: ancora oggi ci immedesimiamo con grande naturalezza, ci sembra di stare con un amico. Marco Aurelio ci aiuta ad amare noi stessi, ad accettare con serenità il mondo e a elaborare le paure insite nello stare al mondo.