Martina Amadei

giovane trentina di Caderzone che da anni vive e lavora a Copenhagen

Data: Lunedì, 05 Dicembre 2022

Immagine: 1_Martina Amadei_radura
Martina nella radura danese © Martina Amadei - Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

Descrizione

Chi sei e di dove sei?

Mi chiamo Martina Amadei e sono originaria di Caderzone Terme, piccolo paesino della Val Rendena. Vivo a Copenhagen dal 2017 insieme a mio marito Matias ed al mio gatto Speck. 

Immagine: Martina e gatto Speck

Che studi hai fatto e quando hai iniziato a viaggiare?

Il mio percorso di studi ha inizio a Tione di Trento, dove per un anno ho frequentato il Liceo Linguistico presso l’Istituto di Istruzione Don L. Guetti. Non pienamente soddisfatta della mia scelta iniziale mi sono trasferita a Trento dove, dal secondo anno in poi, ho frequentato l’Istituto Sacro Cuore (con indirizzo Istituto Tecnico Linguistico - Perito Aziendale Corrispondente in Lingue Estere), vivendo presso il convitto ad esso annesso. Gli anni delle superiori sono stati anni fondamentali per il mio percorso di vita. Nonostante le regole e la disciplina imposte dalle mie amate Suore e Assistenti del Sacro, ricordo gli anni passati in convitto con tanto affetto e (si lo ammetto) a volte tanta nostalgia. 

La mia passione per i viaggi e la mia innata voglia di esplorare posti nuovi credo faccia parte di me sin dalla nascita! 

I miei viaggi iniziano già dalle scuole medie e dai primi anni di scuole superiori, con brevi viaggi studio in Inghilterra e Germania. La svolta però è arrivata durante il quarto anno al Sacro Cuore, dove finalmente ho realizzato il mio grande sogno di partire per gli Stati Uniti. Infatti, ho fatto il così detto “anno all’estero”, nonostante mi fosse stato sconsigliato da svariati docenti. 

Sono partita all’età di 17 anni per la “terra dei film”, precisamente ho vissuto in una cittadina piccolina chiamata University Place nello stato di Washington, non troppo distante da Seattle, città natale di Grey’s Anatomy e Jimi Hendrix e confinante con i boschi abitati dai vampiri di Twilight. 

Li ho avuto modo per la prima volta di conoscere una cultura completamente differente e un mondo all’apparenza così lontano. Ricordo che alcune delle mie prime impressioni, oltre allo stupore per la grandezza di tutto ciò che mi circondava, riguardavano proprio l’aspetto cinematografico delle case, delle famiglie, la scuola; tutto sembrava essere appena uscito da una serie di Netflix. Avete presente High School Musical? Ecco…non cantavano ogni 15 secondi però andare a scuola mi faceva sentire un pò come Gabriella prima di diventare la ragazza di Troy Bolton, un pò spaesata e confusa, ma tutto sommato estremamente felice. 

Quindi si, senza dilungarmi troppo, direi che la mia passione per i viaggi è sempre stata parte di me sin da piccolina, quando il mio sogno era seguire le orme di mio padre e diventare camionista, ma si è poi tramutata in realtà proprio durante il quarto anno. Diciamo che quello è stato un po’ il mio trampolino di lancio, poi non ho più avuto alcuna intenzione di fermarmi.  

Che Università hai scelto e qual è stato il tema della tua tesi di Laurea, ce ne vuoi parlare?

Dopo il Sacro Cuore mi sono subito iscritta all’Università. Ricordo di aver fatto parecchia ricerca su quale facoltà potesse essere la più adatta per me. Andai a visitare l’Università di Padova e se non ricordo male, anche quella di Bolzano, ma infine optai per fermarmi a Trento e mi iscrissi al corso di Studi Internazionali, presso la Facoltà di Sociologia. 

A dire la verità il mio sogno era quello di tornare negli Stati Uniti per poter frequentare il College, ma una volta visti i costi proibitivi optai per la mia bella Italia, e devo dire, non feci scelta più corretta.

Ho terminato la mia laurea triennale presentando una tesi sui sistemi di integrazione e accoglienza dei rifugiati in Italia, tema a me molto caro che ho poi approfondito a livello territoriale nella zona delle Valli Giudicarie, in Trentino, nella mia successiva tesi di Master.  

Dovrei forse accennare, infatti, che oltre alla laurea triennale in Studi Internazionali ottenuta nel 2017, nel Gennaio 2020 ho ottenuto un Master in Social Science (Global Studies and Cultural Encounters - il titolo completo), conseguito presso l’Università di Roskilde in Danimarca. Proprio pochi giorni prima del temutissimo lockdown.

In Danimarca mi sono laureata presentando una tesi di Master dal titolo tradotto in italiano “Il senso di appartenenza dei rifugiati in una comunità rurale - un’analisi dello status quo integrazionale dei rifugiati nella Comunità delle Valli Giudicarie, in Trentino Alto Adige” (Refugees’ sense of belonging in a rural community - an analysis of the integrational status quo of refugees in the community of Giudicarie Valleys). 

Lo scopo di questa mia ricerca era quello di esplorare qualitativamente in che modo i rifugiati nelle Valli Giudicarie percepiscono il proprio senso di appartenenza rivalutando, in un certo senso, la loro identità, e riaffermando il loro concetto di “casa”. Per questo lavoro ho intervistato, con l’aiuto dell'Associazione More (ed in particolare di della fantastica Ilaria Pedrini), circa 15 persone con status di rifugiati residenti in vari paesi delle Valli Giudicarie. 

Le 15 interviste rivelano una realtà concepita di positività e ottimismo.

Infatti, piuttosto che lasciare che episodi di razzismo e discriminazione rubino il palcoscenico di interesse, gli intervistati tendono ad essere più desiderosi di descrivere la loro fortuna di essere accolti in un paese sicuro, la loro gratitudine verso quegli autoctoni che hanno fatto di tutto per aiutarli e i loro sogni per un futuro con lavoro, alloggio e famiglia tutti al proprio posto.

La tesi è scritta in inglese, ammetto di aver iniziato a tradurla in Italiano perchè la ritengo essere un lavoro dai risultati interessanti e forse un po’ inaspettati, ma credo di aver sottovalutato l’immenso dispendio di tempo che un lavoro di traduzione occupa. Ma mai dire mai…forse prima o poi riuscirò pure a tradurla, così da farla leggere almeno a mia madre! 

Durante l’Università, hai partecipato al progetto Erasmus?

Si, durante il secondo anno della triennale, dal 2014 al 2015. Ho studiato presso l’Università di Granada, in Spagna. Città che ha rubato il mio cuore! 

Ci vuoi raccontare com’è andato il periodo in Spagna? 

L’anno in Spagna è stato speciale sotto vari aspetti di vista. Principalmente perché è stata la mia prima esperienza all’estero completamente da sola (è vero che ero da sola anche in America, però là avevo una famiglia americana che mi ha accolta e “adottata” come una figlia). Ho conosciuto tantissime persone e con alcune delle quali ho creato un legame indissolubile nonostante le distanze. Con alcune mi sono pure sposata (solo uno!). Proprio a Granada infatti ho conosciuto il mio attuale marito, Matias, direte voi…spagnolo! no…un vichingo danese, ragion per cui oggi mi trovo a Copenhagen (spoiler alla domanda successiva).

Immagine: Martina e il vichingo biondo sull'isola di Anholt

Attualmente dove vivi e cosa fai?

Attualmente, come dicevo, vivo a Copenhagen in Danimarca. Mi sono trasferita qui nel 2017. Rapita dagli occhi azzurri del vichingo conosciuto in terra spagnola. Mi sono poi sposata nel 2018 e qualche tempo dopo si è aggiunto alla nostra piccola famiglia il nostro Speck (in onore al buon cibo trentino), un pelosissimo e carinissimo gattone norvegese. 

Adesso lavoro come social worker (in italiano credo sia “operatore sociale”) in una ONG (Reden International ) che si occupa di combattere la tratta di esseri umani e sostenere le donne vittime (della tratta di esseri umani). Lavoro qui da circa 2 anni. 

Immagine: Nyhavn e le classiche casette colorate di Copenhagen

Cosa fai al lavoro nello specifico com’è organizzata una tua giornata tipo e come la tua società è organizzata?

Le mie giornate lavorative non sono mai l’una uguale all’altra. Il mio posto di lavoro si suddivide in tre differenti sezioni. Abbiamo una casa rifugio (krisecenter) per donne vittime di tratta di esseri umani. Abbiamo un Cafè (NatCafe) aperto dal giovedì alla domenica dalle 23:00 alle 05:30, dove accogliamo le donne che lavorano in strada come sex workers e offriamo loro supporto di vario genere. Ed infine il NatCafe si trasforma durante il giorno in un centro dove viene offerto supporto psicologico, medico, sociale a donne vittime di traffico di esseri umani e prostitute. 

La mia giornata tipo al lavoro se mi trovo alla casa rifugio include classiche attività pratiche che si svolgono all’interno di una qualsiasi abitazione e varie attività relazionali, sociali e di supporto per le ospiti presenti. L’attività di maggior rilievo è l’ascolto. Molto spesso le nostre ospiti hanno tanto bisogno di essere ascoltate, quindi in maniera molto semplificata, tra le attività più importanti ci sono le “chiacchiere tra amiche”. 

Durante i turni di notte invece l’ambiente è più movimentato. Il locale si trasforma in un Cafè dove le nostre ospiti possono entrare, rilassarsi, mangiare e bere qualcosa di caldo, chiacchierare, ridere, cantare, piangere, fare scorta di preservativi, prenotare appuntamenti medici e consulenze di vario genere. Il mio ruolo in questo caso è quello di ricoprire più ruoli. Si passa dall’essere barista all’essere operatore sociale, talvolta psicologo, talvolta consulente finanziario, talvolta poliziotto, ma sempre un buon ascoltatore. 

E per finire, durante l’orario d’ufficio, diciamo così, classico, svolgiamo un’attività di operatore sociale più teorica con il fine di presentare all’ospite, vittima di tratta, le varie possibilità e opportunità di aiuto alle quali poter accedere qualora si sentissero pronte. 

A questa sezione è collegata anche una clinica sanitaria gratuita e anonima. 

Oltre ad essere un rifugio sicuro e una clinica sanitaria, svolgiamo attività sociali sul campo e attività di sensibilizzazione nelle strade e nei bar di Copenhagen e attività di assistenza sanitaria nelle “case chiuse” della capitale. 

Ammetto che questo è un settore piuttosto delicato e il lavoro qui non sempre è semplice. Quando si tratta di vittime di traffico di esseri umani ci si ritrova davanti a storie di vita difficili da ascoltare e impossibili da comprendere. Un sentimento che credo faccia parte di ogni operatore sociale in questo campo è il grande senso di impotenza e ingiustizia che accompagna tutti i nostri turni e ci da la forza di portare avanti questa battaglia nel migliore dei modi. In questo lavoro ho imparato l’importanza e il valore delle piccole cose, in un mondo dove tali cose possono fare la differenza. 

Quando ti sei trasferita in Danimarca?

Mi sono trasferita in Danimarca a maggio del 2017. Senza uno scopo preciso e senza un’idea precisa sul da farsi. Ho iniziato la mia permanenza qui lavorando presso un tour operator. Spostandomi poi nel settore dell’interior design, nel settore dei servizi, per finire infine dove mi trovo oggi. 

Ti piace in generale la vita che fai in Danimarca, quali sono i lati positivi di questo stato e quali quelli un po’ più delicati?

Si, mi piace molto la vita che faccio in Danimarca. 

Copenhagen è una città favolosa, c’è tutto ciò di cui chiunque può aver bisogno. È una città molto inclusiva, non è molto grande, ci sono un sacco di posti da esplorare ed è oggettivamente una città molto bella! Di positivo c’è che i mezzi di trasporto sono sempre in orario (o quasi), si può andare ovunque in bici (ma io sono un po’ pigra), ci sono millemila ristoranti di diverso genere, c’è il mare a pochi passi, c’è tanta natura, c’è tanta libertà di espressione, tanta arte e un sacco di altre cose! 

Di meno positivo c’è che mancano le montagne, il cibo lascia un po’ a desiderare (ma noi trentini siamo abituati bene, abbiamo degli standard molto alti!), la lingua è orribile, le persone sono fredde e individualiste (ebbene si…sono peggio dei trentini! a confronto noi trentini qua in Danimarca siamo come i siciliani!) ed è veramente difficile fare amicizia con persone autoctone. Poi diciamolo, i danesi (non tutti!) non sono dei gran fans degli stranieri. Infatti, entrare a far parte del sistema danese richiede tanta tanta pazienza! Ma non mi dilungo troppo. 

Tutto sommato qui in Danimarca vivo molto bene, il sistema funziona e la società lo supporta. Quindi la mia esperienza personale qui è decisamente positiva. 

Immagine: Martina e uno deig giganti di Thomas Dambo

Oltre al lavoro, fai anche volontariato in un centro di accoglienza per rifugiati, quali sono le tue impressioni riguardo al posto in cui operi, ti piace questa attività? ti piacerebbe diventasse in futuro un lavoro?

In realtà faccio volontariato in una piccola ONG che si occupa di aiutare rifugiati, soprattutto madri con figli minori o minori non accompagnati, a rivalutare e riaprire la loro richiesta d'asilo, molto spesso negata dallo Stato Danese. In questi casi questa ONG, che si chiama Vores Asylbørn , offre assistenza legale per il processo di ricorso e assistenza di tipo sociale e relazionale per i bambini e le madri coinvolte durante il periodo di rielaborazione del caso. Io sono volontaria a livello sociale e relazionale (sono quella che qui chiamiamo “contact person”) e mi occupo di mantenere i contatti con varie madri e bimbi che la maggior parte delle volte vivono in questi cosiddetti “campi di deportazione”, che sono semplicemente strutture di accoglienza per coloro la cui richiesta d’asilo è stata negata e sono in attesa di ricorso oppure di rimpatrio. 

Qui si tocca un tasto dolente del sistema danese in relazione ai rifugiati e alle richieste di asilo spesso negate. Si pensi solo che in questi centri di accoglienza spesso troviamo famiglie le quali hanno vissuto all’interno di suddette strutture per 2, 3, 4, a volte 8 anni o più, senza alcuna possibilità di lavorare a causa del loro status. 

Vores Asylbørn ha lo scopo di migliorare e rendere più sopportabile la permanenza in questo limbo burocratico di bimbi e madri provenienti da situazioni drammatiche. L'approccio di questa organizzazione ha portato il 95% dei nostri bimbi e delle nostre famiglie a rischio di espulsione a ricevere permessi di soggiorno e garantire il benessere e lo sviluppo dei bambini attraverso l’assegnazione dei contact persons e del supporto legale.  

Al momento mi vedo “incollata” a questa organizzazione e credo continuerò a farne parte per un lungo periodo e perchè no, se in futuro dovesse presentarsi un’opportunità lavorativa di simile approccio non mi tirerei di centro indietro. 

Quali sono le passioni che coltivi al di fuori del lavoro e delle tue attività? Ami cucinare? com’è la cucina danese?

Come una buona danese mi piace spesso passare del tempo a casa con un buon libro e qualche candela accesa per rendere l’atmosfera un po’ hygge (tipico termine danese che significa: “creare un'atmosfera accogliente e godersi il bello della vita con le persone care”). 

Da qualche tempo ho iniziato la pole dance/pole fitness, ma diciamo che ho qualche mancanza a livello di coordinazione, flessibilità e capacità ritmica, quindi è una piccola parentesi sportiva che si inserisce di tanto in tanto nella mia quotidianità per portare un sorriso ai miei genitori a casa, che ogni volta che ricevono un video, frutto del mio duro lavoro, mi paragonano a diversi animali non proprio conosciuti per la loro eleganza e leggiadria (i.e. la foca, o il bradipo). 

Poi beh…che dire, certo, cucino spesso, mi piacciono i dolci quindi spesso trovo una scusa per cucinarli! Diciamo che la cucina danese lascia un po' a desiderare. 

Che rapporto hai ora con il Trentino, torni spesso?

In Trentino cerco di tornarci di tanto in tanto. Ultimamente non troppo spesso ma almeno un paio di volte all’anno di solito cerco di ritagliarmi del tempo per farlo! È la mia meta principale per le vacanze e sarà sempre casa. 

Immagine: Le montagne Trentine

Hai progetti futuri di trasferimento al di fuori della Danimarca o altri progetti in mente?

Attualmente non ho alcun progetto di trasferimento, penso che per ancora un po’ di anni manterrò la Danimarca come base d’appoggio. Ho tanti progetti e voglia di viaggiare ma solamente per periodi brevi. Il mondo è grande e io ho ancora un sacco di posti da vedere!

Ti senti di lasciare un messaggio a chi ti legge e alla Community di MondoTrentino?

Forse direi che non bisogna mai sottovalutare le piccole cose e che bisognerebbe trasformare la paura per il diverso e lo sconosciuto in curiosità e interesse verso qualcosa di nuovo e inesplorato. 

Immagine: un tramonto danese

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Ultimo aggiornamento:Giovedì, 06 Aprile 2023