Michele Linardi

da Segno in Val di Non approda a Parigi

Data: Domenica, 26 Settembre 2021

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Descrizione

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Chi sei e da dove vieni?

Mi chiamo Michele Linardi (34 anni), attualmente sono professore di informatica all’Università di Cergy-Paris (periferia nord-est di Parigi). Sono di Segno, paesino della Val di Non dove ho vissuto fino all’età di 27 anni e dove torno ogni volta che posso per ritrovare la famiglia e gli amici.

Qual è stato il tuo percorso di studi?

Accademicamente sono cresciuto all'Università di Trento (uno dei più bei posti al mondo dove studiare informatica). Poi il destino e anche un po’ le scelte personali hanno voluto che finissi la carriera di studente in Francia, dove ho ottenuto l'agognato dottorato in Informatica all'Università Descartes con il professor Themis Palpanas che ho avuto modo di conoscere per la prima volta proprio a Trento. 

Qual è stato il tuo percorso lavorativo e cosa fai adesso?

Dopo qualche esperienza in azienda come ingegnere informatico e principalmente come ricercatore e insegnante all'università, ho avuto la fortuna di diventare professore a Cergy, città a Nord-Est di Parigi. Il mio lavoro consiste principalmente nell'insegnamento (mi occupo di tecnologie per lo sviluppo web e analisi dati) nei percorsi di laurea triennale e magistrale della mia università. Allo stesso tempo sono anche ricercatore e dunque svolgo ricerca scientifica nel dipartimento di Informatica a cui sono affiliato.

Dove vivi ora? Hai una famiglia?

Vivo a Parigi Città con Marine (la mia compagna) e nostro figlio Raphael (italo-francese) che é nato lo scorso ottobre (2020).

Come ti sei trovato la prima volta di fronte ad una città così grande come Parigi?

Male, molto male! All'inizio mi sono sentito probabilmente come il protagonista de Il ragazzo di campagna (film del grande Pozzetto). Tra le tante cose, mi sono reso conto di soffrire di agorafobia all'uscita della metro. La folla che cammina in direzione contraria sembra una legione Romana che vuole farti la pelle. Se ci penso adesso mi viene da ridere, ma all'inizio è stata un po’ dura, visto che questa situazione ti si presenta ogni giorno qui. Ho ovviato a questo problema comprando una bici, il mezzo che prediligo per gli spostamenti, quando posso. Col tempo mi sono poi abituato al caos di una metropoli come Parigi e a godermi le innumerevoli possibilità che questo ambiente dinamico offre. 

Ovviamente tutto è diverso: spazi, tempi, a volte anche le logiche più scontate diventano irrazionali, soprattutto per un valligiano come me, abituato ad uno stile di vita totalmente opposto. Per farvi un esempio se si devono percorrere 5 km a Parigi città, il tempo medio non è inferiore a 30 minuti, sia che tu prenda la macchina, la metro, la bici o se vai a piedi. Quando sentite dire che Parigi è una città che va veloce, di sicuro non si intende la mobilità delle persone. 

Da sette anni vivi in Francia, quali sono le vicissitudini che hai passato?

Eh si, sono già sette anni che purtroppo sono volati. Diciamo che sono stati anni densi di emozioni, nuove avventure lavorative e non, culminati con la nascita di Raphael. Tutto questo a ben 1.100 km da casa, in un altro Paese.  

Tante volte mi sono chiesto ma chi me l'ha fatto fare, tante volte mi sono sentito solo, tante volte ho pensato di rientrare, ma ogni volta puntuale c'era qualcosa che mi spingeva a rimanere. 

Ed eccomi qui, 7 anni piu vecchio, qualche capello grigio in più, un po' più di esperienza ma ancora tanto da fare.  

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Come hai vissuto il periodo degli attacchi terroristici? Cos’è cambiato poi nella società francese?

Sono arrivato in Francia, a Lille, il 6 gennaio 2015. Il giorno dopo ebbero luogo gli attentati a Charlie Hebdo a Parigi. Ho molti motivi per ricordare quel periodo. La Francia, come anche il nostro Paese, ha molte pagine di storia macchiate dal terrorismo, ma di sicuro quel 7 gennaio 2015 é stato l'inizio di un capitolo nero che sembra non avere mai fine. A me sembra che la società francese abbia acquisito una certa consapevolezza che questi atti tragici hanno fatto e faranno ancora parte delle nostre vite. Tutt'ora i luoghi sensibili della città, come luoghi di culto, scuole, università sono presidiate dai militari dell'operazione "Vigipirate" (Piano di allerta nazionale contro il terrorismo). Tutto questo, puntualmente, ti porta col pensiero a quei giorni maledetti.

Cosa vuol dire cambiare 4-5 case in sette anni in una Paese come la Francia?

La vita di uno studente o di un expat in una grande città come Parigi, passa inevitabilmente per il periodo di ricerca di una casa. Compito che risulta estremamente difficile soprattutto quando non si parla nemmeno una parola di francese e la fortuna non ti aiuta troppo qui quando si chiede di parlare inglese. Il tutto diventa un po' più facile quando il francese lo si impara veramente. Io ci sono riuscito dopo circa sette mesi. Il mercato immobiliare a Parigi non é inflazionato, è qualcosa di più probabilmente. I prezzi sono alle stelle, e quello probabilmente è il problema minore. Infatti la domanda è nettamente più alta dell'offerta, e le garanzie richieste dai locatori sono importanti. Tanta fortuna e tanta pazienza sono le armi giuste per trovare un alloggio. Per vari motivi ho dovuto cambiare case diverse volte, ed ogni volta é stata una nuova avventura. In tutto questo mare di noia infinita che è la caccia all'appartamento, ho avuto il tempo di constatare come il fatto di essere Italiano non sia stato un problema, anzi il più delle volte essendo straniero si stuzzica la curiosità favorendo l'inizio di una discussione interessante. E si sa, quando si è presi in simpatia tutto diventa più facile... 

Tra le cose che maggiormente ti hanno colpito c’è la lingua francese e il suo gergo, perché? e cosa c’è di diverso rispetto all’Italia e alla sua lingua?

Si, tante cose mi hanno colpito del francese e avendolo dovuto imparare, il mio interesse per la lingua è stato forte. La cosa che mi ha colpito di più è stata la quasi totale assenza di dialetto parlato. Nel periodo pre-covid ho avuto modo di girare la Francia, visitando varie cittadine e paesi. In tutti questi posti ho sempre e solo sentito parlare francese, dagli anziani all'osteria, andando fino alla signora del panificio. Niente di strano mi direte. Certo, ma i dialetti in Francia esistono e fanno parte del bagaglio culturale/linguistico regionale. La mia sensazione è che siano nettamente meno parlati che da noi.

Un appunto sulla cucina francese va fatto, come ti sembra?

Esatto, doveroso farlo :-D ! Potrei scommettere qualunque cosa sul fatto che un italiano in Francia non può restare indifferente alle abitudini culinarie, che per certi versi sono simili alle nostre, ma che per altri sono molto diverse. Va sottolineato che vista la vicinanza con l'Italia, acquistare prodotti alimentari italiani è molto facile. Dunque a casa cucino come fossi in Italia o quasi, purtroppo la "polenta sul fogolar" non posso ancora farla :-). Quando si va al ristorante o a casa di un amico francese, le sorprese arrivano, sia in positivo che in negativo. Cito due esempi, della cucina francese ho iniziato ad apprezzare l'anatra (piatto tipico del sud-ovest). Un piatto che se cucinato nel giusto modo entra veloce nella top-ten dei preferiti (mi perdonino vegani e vegetariani). Arrivando invece alle note dolenti, non capisco ancora perché i francesi utilizzano la pasta in accompagnamento. Si, avete capito bene, qui si mangia la bistecca con la pasta in bianco (spesso scotta) come contorno. 

La tua compagna francese, mamma di un bimbo di 10 mesi, e che di lavoro fa l’infermiera, come ha passato questo ultimo anno e mezzo con la pandemia ancora in atto, sia da un punto di vista personale che professionale?

All'inizio è stata veramente dura e i pensieri per le tante incognite sono stati molteplici, considerando che il COVID era una malattia pressoché sconosciuta. Devo dire che siamo stati fortunati perché la mia compagna è riuscita a cominciare il congedo di maternità già dal terzo mese a causa della crisi sanitaria.

Come avete vissuto i periodi di lockdown causa pandemia e quando ci sono stati?

I primi mesi barricati in appartamento, con al massimo una passeggiata o corsetta ad un km da casa, il massimo consentito.  Il secondo lock-down invece è stato meno restrittivo, ma in quel momento è arrivato Raphael che ha cambiato un po' le cose :-). Siamo dispiaciuti di essere riusciti a tornare solo 3 volte in Trentino nell’ultimo anno e mezzo.

Com’è la situazione ad oggi parlando di contagi di vaccinazioni?

La campagna vaccinale come in tanti altri paesi compresa l'Italia prosegue spedita. La situazione sanitaria sta migliorando e l'obbligo del green pass si sta diffondendo in tanti luoghi pubblici. A grandi linee, direi che la situazione francese è molto simile a quella italiana. La più grande differenza che mi tocca anche da vicino è la non obbligatorietà del green pass (al momento) per il personale insegnante e per gli studenti a tutti i livelli d'istruzione. Si potrebbero fare molte riflessioni qui, lasciatemi soltanto dire che in generale alcune scelte diametralmente opposte di certi paesi (davanti ad evidenze scientifiche lampanti) mi lasciano perplesso.

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Vorrei innanzitutto ringraziare chi gestisce il portale della Community per avermi dato la possibilità di condividere la mia esperienza e il mio punto di vista, ma soprattutto di avermi fatto conoscere le storie di tanti conterranei che come me (ma anche molto di più) vivono lontano da casa. Mi sento di lasciarvi questo messaggio/piccola riflessione: "Probabilmente quando sei Trentino sei consapevole della fortuna che hai ad essere nato in un posto magnifico, pieno di risorse, ma anche di tradizioni, differenze, spirito di accoglienza e valori umani inestimabili. Sono sicuro che anche voi come me ve ne siete accorti ancora di più da quando vivete lontani! Che le nostre origini e i nostri valori ci diano un ulteriore aiuto per contribuire a rendere il mondo un posto più bello!"

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Ultimo aggiornamento:Lunedì, 27 Settembre 2021