Roberto Bruschetti

anche a Londra lockdown e misure per gestire l'emergenza sanitaria

Publication date: Venerdì, 12 Giugno 2020

Immagine: Londra
© Adam Derewecki - https://pixabay.com/

Descrizione

Immagine: 1a_Roberto Bruschetti

Questa è la testimonianza di Roberto... 

Inizialmente, quando tutta questa storia del Coronavirus è iniziata, non mi sarei mai aspettato che sarebbe andata avanti per mesi e mesi. Mentre in Italia scoppiava il caso, ricordo benissimo che l’opinione pubblica nel Regno Unito vedeva il nostro Paese con un occhio di compassione, come se fossimo noi “quegli sfigati che si erano presi il virus” e che non sarebbe mai arrivato così drammaticamente anche lì.
Io personalmente ero molto preoccupato per la mia famiglia, per i miei amici, per l’Italia in generale e se devo essere sincero mi aspettavo che l’ondata avrebbe raggiunto presto il nord Europa, quindi ho cominciato anch’io a prepararmi. 
Vedevo quello che stava accadendo in Trentino, anche se non riuscivo ad immaginarmi Londra vivere una situazione così surreale, il panico, il chiudersi in casa terrorizzati. Alla fine il governo inglese, salvo la confusione iniziale sul  promuovere una possibile immunità di gregge, decide di allinearsi con gli altri stati europei. Forse un po’ tardi?

A partire dal 27 di marzo, dopo il discorso del primo ministro inglese alla nazione, pub, ristoranti, palestre, sono stati chiusi assieme a tutti i luoghi che potevano essere rischio di assembramento e nel contempo è stato richiesto alla popolazione di restare a casa a lavorare (nel possibile), iniziava ufficialmente il lockdown in UK.

In maniera decisamente più rilassata, si è voluto seguire il “buon senso” con lo scopo di non spargere il virus e proteggere il sistema sanitario inglese. Secondo me, la gente qua è stata un po’ sorpresa inizialmente da queste misure, ma con lo slogan “Salviamo la nostra NHS”, hanno trovato lo spunto necessario per seguirle. Ogni giovedì sera milioni di inglesi uscivano sull’uscio della porta alle 8 di sera per fare un applauso a tutti quelli che lavorano nel sistema sanitario. Un po’ come in Italia, la gente cantava dai poggioli e via dicendo. Tutti i bambini hanno cominciato a disegnare questi arcobaleni e appenderli sulle finestre con la scritta “everything will be alright or save lives, save the NHS”, pensavo fosse un’idea italiana, ma sembra che sia partito tutto da una mamma del nord dell’Inghilterra, chi lo sà...Questo all’inizio, poi vedremo che con il passare delle settimane molti si dimenticheranno di questo rito.

Tornando all'approccio del lockdown nel Regno Unito, con la fase 1 è stato permesso alla gente di fare attività sportiva una volta al giorno all’aperto. Praticamente, ogni volta che si andava in giro, soprattutto nelle vicinanze dei parchi, si potevano trovare tantissime persone fare jogging, andare in bici o semplicemente fare un po’ di work out con attrezzi portati da casa.

Al momento vivo in un appartamento con una ragazza e lei ha la possibilità di lavorare da casa. Io, lavorando nel settore delle costruzioni, ho potuto collaborare da casa solo per un paio di settimane dopo l’inizio del lockdown, quindi, a parte leggere, fare corsi online su materie relative alla mia professione e un po’ di attività fisica, mi sono trovato anch’io a fare lunghe passeggiate nei parchi o semplicemente nel vicinato del mio quartiere. Ovviamente tenevo sempre la distanza di sicurezza dalle altre persone e usavo delle mascherine per quando andavo in luoghi chiusi, come negozi o supermercati. Ma la sensazione è che non ci sia stato quello stato di angoscia che ha colpito l’Italia. 
In Italia sono stati molto più stringenti con le regole e vedendo i numeri che piano piano migliorano sembra che abbiano fatto una scelta azzeccata. Staremo a vedere.
Qui le cose invece stanno peggiorando, dicevano di essere due settimane in ritardo rispetto all’Italia, mentre ora si può vedere dai numeri come l’abbiano superata, purtroppo negativamente su tutti i fronti di questa pandemia.

A maggio si è passati a una fase 2. Le restrizioni sono state limitate, mantenendo le distanze di sicurezza e praticamente cercando di non utilizzare i mezzi pubblici, è stato possibile rientrare a lavorare se non si ha la possibilità di fare smart working dalla propria abitazione. Il problema è che molte attività al momento non sono ripartite e la gente non è molto propensa ad uscire nelle ore di punta per andare al lavoro, visto ancora lo stato di pericolosità. Io non lavoravo in quel momento, e  pensavo di rientrare in Italia verso inizio giugno. Ovviamente seguendo tutte le procedure di sicurezza e se possibile, quanto possibile, di evitare i mezzi pubblici in orari di punta. Non posso permettermi di restare senza lavorare per troppo tempo. Sono rischi che la gente consapevolmente e inconsapevolmente comincerà a prendersi, dipende da ognuno di noi cercare di mantenere un profilo adeguato.

Arrivati a giugno, le cose vanno muovendosi verso una quasi “normalità”.

Il sollievo, vedendo come in Italia ci sia stato un forte miglioramento è stato enorme e mi fa piacere sapere che si è tornati a una situazione quasi normale, seppur la gente non debba dimenticarsi del rischio di contagio che comunque c’è.

Nel Regno Unito, parlando con diversi amici inglesi, sembra che tutti siano un po’ stufi di questa situazione. All’inizio la preoccupazione era forte, considerando che a livello mondiale tutti gli stati correvano ai ripari e non solamente in Europa. Ma da un punto di vista organizzativo occorre premettere ci sono diverse lacune. Per esempio, nei supermercati occorre fare la fila all’entrata e sostare minimo due metri l’uno dall’altro, ma una volta dentro queste regole non vengono più molto rispettate, come del resto il senso di percorrenza per l’acquisto dei prodotti. Per l’utilizzo dei trasporti pubblici, solo nell’ultima settimana l’uso della mascherina è diventato obbligatorio.

Il primo ministro inglese disse “chiaramente” in un suo discorso a maggio che se si era impossibilitati a lavorare da casa, si sarebbe potuto andare al lavoro, magari cercando di evitare l’uso dei trasporti pubblici. Ma come è possibile in una città come Londra evitare di utilizzare i trasporti pubblici? Si può pensare di usare la macchina per esempio, ma se il luogo di lavoro si trova in centro è comunque obbligatorio pagare per un permesso di circolazione, la famosa “congestion charge”, oltre al pagamento quotidiano del parcheggio che, soprattutto in centro può raggiungere cifre elevate. Oppure muoversi con una bicicletta, ma Londra non è Trento o Rovereto, andare da “A a B” può richiedere tempi molto lunghi e non è il massimo oltretutto arrivare in ufficio tutto sudato.

Quindi perchè non ci siamo mossi come in Italia? Difficile capire quale potrebbe essere stata la soluzione, ma bisogna ammettere che la sensazione generale qua è che il governo stia trascinando la situazione.

Come dicevo precedentemente, anche da un punto di vista psicologico, per molta gente il momento non è dei migliori. Nel mio caso, passata la forte preoccupazione per la mia famiglia, mi sono ritrovato a dover convivere con il mio isolamento a Londra. Con i miei amici distanti diversi chilometri da me e la difficoltà ad incontrarsi anche solamente per una passeggiata all’aperto.

Da tre anni circa, lavoro per una società inglese come building services consultant e devo ammettere che in questo periodo sono stati molto vicini ai loro collaboratori. Mi hanno chiesto di inviare una fattura per entrambi i mesi di aprile e maggio per poter darci una mano. Non lavorare, seppur io abbia cercato di fare tutta una serie di attività alternative in questo periodo, mi ha portato ad un livello di stress tale che ho cominciato a soffrire di insonnia.
Dopo quasi sette anni che vivo in UK, ho avuto la fortuna di stringere amicizie e contatti con diversi inglesi nel settore in cui lavoro e ho quindi deciso di trovare un’occupazione temporanea su un progetto poco fuori Londra come HVAC test engineer. Il progetto in questione si trova a Canterbury, una cittadina non troppo distante da Londra ed ogni giorno, da due settimane a questa parte, mi trovo a viaggiare più di quattro ore al giorno per andare e tornare da lavoro.
Da un punto di vista fisico devo ammettere è un po’ stancante, ma è temporaneo visto che è per tre settimane. Da un punto di vista psicologico, mi sento rigenerato. Mi è passata l’insonnia. Prima, le mie settimane erano lunghe, infinite. Avevo estremamente bisogno di “questa boccata d’aria”.

Ora, piano piano si cerca di tornare ad una vita normale, il che significa semplicemente uscire dal proprio quartiere e vedere più spesso i propri amici. Sto pianificando un mio prossimo rientro in terra trentina ed auspico che possa avvenire per la fine di luglio / inizio agosto in concomitanza con il rientro di mio fratello maggiore, anche lui trentino all’estero, ma a Mosca in Russia. Sarà bello rivedere tutta la mia famiglia, non vedo l’ora e immagino che questo sia il sentimento comune di molti altri ragazzi italiani all’estero come me.
Con tutta sincerità, mi sarebbe piaciuto rientrare questo mese, anche solo per una toccata e fuga, ma sfortunatamente per chiunque viaggi nel Regno Unito al momento, c’è l’obbligo di due settimane in quarantena una volta entrati e passatemi il termine, “io ho già dato”.

Ha partecipato a...
Interscambi giovanili - Youth Exchange Programme

Dal 1999 la Provincia autonoma di Trento ha attivato un programma di interscambi giovanili volto a favorire la reciproca conoscenza tra giovani, nati e vissuti all’estero, di famiglia di origine trentina ed i loro coetanei che vivono in Trentino.

Info in English, Español, Português, Italiano.

Further details

Iniziative culturali

Proposte culturali che coinvolgono artisti nel racconto dell'emigrazione trentina.

Further details

Ulteriori informazioni

Licenza d'uso
Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

Last modified:Mercoledì, 23 Giugno 2021