Mirtis Conci

trentina e residente in Germania con la sua famiglia, si reinventa e fa la scrittrice per bambini e ragazzi

Data: Lunedì, 14 Febbraio 2022

Immagine: 1_Wikimedia Commons_Alzenau-Burg Alzenau
© Sven Teschke, Büdingen - Creative Commons Attribution 3.0 Unported (CC BY 3.0)

Descrizione

Buongiorno a tutti. Mi presento. Mi chiamo Mirtis Conci e sono una figlia della terra del Basilisco, Mezzocorona.

Immagine: Foto n.1

Il mio percorso formativo è sempre in divenire. Lo specifico perché credo sia importante uscire dall’idea di staticità che abbiamo del mondo dell’istruzione e della formazione in generale. È una concezione che limita perché non offre prospettive di fronte a un mondo, il nostro mondo, che cambia in modo repentino rispetto a cinquanta, venti, dieci anni fa. La sensazione del non essere al passo coi tempi è dietro l’angolo, a cui segue poi quella di sentirsene completamente fuori, perché l’età non è più quella da banchi di scuola, perché a una certa età o hai combinato qualcosa o sei un fallito. Non riusciamo a vedere fra questi due poli opposti una terza via, quella di rinnovarsi, di investire in se stessi. Questa realtà è possibile se si abbraccia culturalmente l’idea di una formazione permanente.

Nel mio caso, dopo il diploma scientifico ho conseguito la laurea in Lingue e Letterature Straniere, e due master, il primo in Tourism Management e il secondo in Gestione e Analisi dei viaggi d’affari. Oggi che sono una scrittrice di libri per bambini e ragazzi frequento la scuola di scrittura, LabScrittore – la palestra digitale dei romanzieri , leggo molto e mi tengo aggiornata seguendo e partecipando a seminari e conferenze di settore.

Hai viaggiato molto nella tua vita…, ora dove vivi?

La curiosità e la voglia di conoscere l’altro mi ha sempre accompagnato. La dimensione del viaggio è parte del mio essere. Ho cominciato già alle scuole medie con i campi estivi in Austria; al liceo in Irlanda e Gran Bretagna. 

All’età di ventun’anni ho scelto di partecipare al progetto SVE, Servizio di Volontariato Europeo, che mi ha portato a vivere per circa sette mesi in Vorarlberg, Austria. L’ultimo viaggio da errante solitaria della durata di tre mesi, è stato ad Akaslompolo, nella Lapponia finlandese, grazie alla borsa di studio Leonardo.

In seguito ho conosciuto mio marito e con lui abbiamo viaggiato negli Stati Uniti d’America, tra il Sud Dakota, Montana e Wyoming, un percorso costruito sulla lettura del libro di Vittorio Zucconi, Gli Spiriti non dimenticano, e poi in Namibia.

Da cinque anni ci siamo stabiliti in Germania, nel nord della Baviera.

Immagine: Foto n.4

Cosa ti ha portato a trasferirti in Germania?

La Germania è capitata come uno di quei treni che passano e tu devi scegliere se prenderlo o lasciarlo andare. Ecco noi ci siamo saliti, ma … Sì c’è un ma, perché noi ci siamo fatti trovare pronti alla stazione.

Avevo perso il mio posto di lavoro. Fortunatamente ero riuscita a trovarne un altro. Sì, ricominciando da capo, con un co-co-pro. In dieci anni, da quando avevo mosso i primi passi nell’ambiente lavorativo, tutto era rimasto fermo. Avevo cominciato con un co-co-pro, avevo perso un lavoro con contratto a tempo indeterminato e ricominciavo con un co-co-pro.

Dopo l’ennesimo contratto non era seguita la sperata evoluzione e poi… Nel frattempo ero diventata madre e all’improvviso per il mondo del lavoro ero solo una donna in età fertile e con una figlia di un anno. Non c’era posto per me.

Siamo giunti a un momento della nostra vita in cui non c’era bisogno di un cambiamento, ma l’urgenza del cambiamento.

Ero piombata in un mondo che non riconoscevo più. Sapevo che qualcun’altra in passato aveva combattuto per i miei diritti. Mai avrei pensato un giorno di sentirmi calpestata nella mia dignità di essere umano.

Così mio marito e io abbiamo intrapreso un percorso di counseling che ci ha aiutato a mettere a fuoco le nostre competenze professionali e le nostre abilità trasversali. Avevamo compreso che dovevamo prima di tutto dare nuovo slancio e vigore per sentirci apprezzati in primis da noi stessi.

Abbiamo osato e questo viaggio ci ha portato in terra tedesca. Mai avremmo immaginato di andarcene, perché avevamo comprato un appartamento, avevamo una figlia, perché forse non eravamo più in età per partire…

Mio marito ha ricevuto un’offerta di lavoro che ci ha lasciato un paio di notti in bianco perché sentivamo che quello poteva essere quel treno, ma quando lo senti arrivare, il tentennamento c’è.

Immagine: Foto n.3

Come sei stata accolta in Germania, è stato difficile trovare una casa?

Cercare casa in Germania è semplice. Esistono diversi portali che ti permettono di selezionare appartamenti e case che incontrano le tue necessità e tramite i quali fissare un appuntamento direttamente con il proprietario o con l’agenzia immobiliare.

Trovare casa invece è un passo più delicato, perché dipende dagli aspetti economici. Viene spesso chiesto di certificare la tua capacità economica per sostenere le spese di affitto. Questo è un passaggio che richiede l’apertura di un conto bancario o confermare l’esistenza di un contratto di lavoro.

Trasferirsi altrove significa avere a che fare con un altro sistema: amministrativo, fiscale, organizzativo, scolastico. Oltre al fatto di dover masticare un’altra lingua. Uso il termine masticare volutamente, perché non basta saper parlare nel mio caso il tedesco. Lo sforzo è quello di metabolizzare nel profondo per comprendere le dinamiche, ma soprattutto per evitare fraintendimenti.

Sentirsi accolti dipende da chi ti accoglie, ma anche da noi stessi. Non è una strada a senso unico con la pretesa che il sistema faccia per te. Richiede il coraggio di approcciarsi in un contesto non familiare, che inevitabilmente all’inizio non capiamo o che non ci piace. Crea del disagio; in altre parole ci costringe a uscire dalla nostra comfort-zone. Ci vuole pazienza da entrambe le parti, che va stimolata anche con un semplice “Können Sie bitte wiederholen?” - Può ripetere per favore? -.

Perché dappertutto esistono sia gli impiegati sbrigativi, che non hanno voglia di perdere il loro tempo oltre a quello dovuto, che quelli minuziosi e premurosi. Questo fa parte dell’essere umano.

Di apprezzabile e onorevole in Germania è senza dubbio il rapporto che si instaura fra Stato e cittadino, infatti mi sono sentita accolta fin dall’inizio. Penso di aver letto e riletto diverse volte le prime lettere che ho ricevuto dall’ufficio sanitario e quello fiscale tedeschi in cui mi davano il benvenuto e che si mettevano a disposizione per qualsiasi esigenza o richiesta, con allegato l’elenco dei servizi di cui avrei potuto avere bisogno.

Come ti senti in Germania? Pensi di aver trovato il posto giusto per te e la tua famiglia?

Mi sento a casa. Non credo esista un posto giusto o sbagliato, penso che esistano luoghi che sentiamo appartenerci. Il che può essere per tutta la vita o solo per un periodo. Però posso dire con certezza che dopo cinque anni abbiamo trovato casa in un territorio che ha il sapore di “Heimat”. Uso questa parola tedesca perché in italiano non esiste un corrispettivo che definisca contemporaneamente un senso di appartenenza dal punto di vista culturale, ambientale e sociale. Indica l’ambiente in cui un essere umano si riconosce. Nel mio caso si tratta di un posto dove mi guardo attorno e trovo la campagna con le viti, il bosco e le montagne, seppur piccole – a occhi trentini il termine adatto sarebbe colline.

Non c’è il teroldego, ma c’è molto della terra in cui sono cresciuta, tanto è vero che percorrendo per la prima volta la strada che conduce al paese dove ora abitiamo mia figlia ha esclamato: “Guarda, ci sono le montagne e le viti! Sembra di essere dai nonni!”

Ecco forse le sue parole mi hanno convinto che quel posto poteva essere quello adatto a noi.

La conferma è arrivata poi il giorno in cui ci siamo trasferiti, esattamente un anno fa.

Era buio. Ci eravamo appena seduti a tavola, quando suonò il campanello. Ci guardammo negli occhi chiedendoci chi poteva essere. Andai ad aprire e trovai i nuovi vicini.

“Willkommen Zuhause!” - Benvenuti a casa! - e mi diedero un cestino con del pane di segale e del sale aromatizzato alle erbe.

Riuscì a sussurrare solo “Danke” - Grazie -, perché il nodo che si era formato in gola mi impediva di esprimere ciò che invece le lacrime furono in grado di fare, la mia gratitudine.

Il dono del pane e del sale è un antico e tradizionale augurio di prosperità.

Immagine: Foto n.6

E il tuo rapporto col Trentino com’è?

Complesso. È il luogo dove sono cresciuta, è la mia “Heimat”. In Trentino ho le mie radici. È un territorio che mi ha dato molto e a cui sono grata, ma allo stesso tempo è il luogo in cui mi sono sentita derubata di ogni speranza di futuro. Oggi questo strappo è ricucito, rimane una cicatrice, che mi ricorda da dove sono partita e questo per me è molto importante, perché il nostro passato fa parte di noi ovunque noi siamo.

Com’è iniziata la tua passione per la scrittura e nello specifico verso la scrittura per bambini?

Nasce da bambina su un albero di pero nell’orto di casa. Lassù fantasticavo le mie prime storie. All’età di 12 anni la zia mi regalò per la Cresima la macchina da scrivere, una Olivetti Lettera 35 che si è trasferita con me in Germania.

Quando si cresce, arriva quell’età in cui ci si imbatte nei grandi interrogativi: chi sono io, cosa voglio diventare da grande e in quelle domande alle volte si perde la spontaneità di quello che eravamo. Questo è un po’ quello che è capitato a me. La domanda giusta me l’ha posta la mia counselor: “Cosa ti piaceva fare da bambina?” Ricordo di non aver risposto subito, perché quelle parole mi colsero di sorpresa.

La risposta la conoscete: scrivere.

L’ambito della scrittura è ampio e variegato.

Ho impiegato un po’ a comprendere cosa volessi scrivere. Come in tutte le cose all’inizio ci si mette alla prova. Così ho fatto io e alla fine ho compreso che il mondo che fantasticavo un tempo sull’albero mi apparteneva ancora e ora mi dedico a scrivere storie per bambini e ragazzi.

Si pensa che scrivere per i più piccoli sia più semplice. Magari fosse così, nella realtà non lo è perché richiede un linguaggio appropriato, un modo di scrivere che dovrebbe accompagnare lo sguardo del piccolo lettore in un mondo in cui lui possa immedesimarsi.

E poi mi diverte, è un po’ come tornare bambini, ma con una consapevolezza in più.

Quali sono ora i tuoi collaboratori, lavori in un team?

Sono un’autrice indipendente, ma questo non significa lavorare da sola, anzi sono circondata da diversi collaboratori.

Prima fra tutti la mia editor Stefania Crepaldi, che ha accompagnato e accompagna tuttora il percorso di crescita e consapevolezza della mia scrittura. Collaborare con lei è stato decisivo per presentarmi al mio pubblico in maniera professionale e credibile, a maggior ragione se in autoproduzione, come nel mio caso.

Poi ci sono Monica Pecorari, l’illustratrice che ha dato forma alla copertina del mio libro Le cicogne di Tauchwald , Alessandro Valenzano, il mio consulente di marketing editoriale e Clevan Bonora di Torbole, esperto di comunicazione, con il quale collaboro da tempo riguardo gli aspetti di web design. Insieme a lui ho progettato e realizzato il mio sito/blog.

Non escludo in futuro di lavorare con altre scrittrici e scrittori.

Sfato quindi una credenza: quello della scrittrice non è affatto un mestiere solitario e spero presto di incontrare di persona i lettori appena sarà di nuovo possibile.

Immagine: Foto n.2

Qual è il tuo focus nello scrivere, hai un leitmotiv stilistico che ti guida?

La mia musa ispiratrice è la natura e non poteva essere altrimenti visto che le mie prime storie sono nate su un albero. Vengo da una famiglia di tradizione contadina, dove ho imparato a coltivare un forte legame con la terra e il rispetto per essa.

Nelle mie storie la natura, in particolare il paesaggio montano, boschivo e rurale rappresentano sia il mondo narrativo che le sfide con cui i protagonisti devono confrontarsi.

La natura affascina per la sua bellezza, per la sua potenza e per la sua capacità dirompente di porci domande. In essa si manifesta quel senso di infinito che ci lascia a bocca aperta e col naso all’insù. La sua forza è anche fragilità, che va accudita e protetta, nella continua e costante ricerca di un equilibrio.

Ecco in questa dicotomia tra forza e fragilità si sviluppano le trame delle mie storie.

I temi ambientali che inevitabilmente toccano quelli sociali sono quindi il fulcro dei miei romanzi.

Come hai vissuto e come stai vivendo il periodo in cui tutti stiamo vivendo ancora di pandemia?

A casa. Non lo dico con umorismo o sarcasmo, ma con tutta la bellezza che questo termine esprime. È stata occasione per abitare in pienezza il territorio nel quale abbiamo scelto di vivere.

Questo non significa che non ci siano state difficoltà, anzi. Però preferisco sottolineare il nuovo e il buono che questo periodo storico mi ha posto di fronte.

Parto dal fatto che la Germania non ha mai posto il divieto, in nessuna fase della pandemia, di uscire di casa. Ha limitato l’area geografica nella quale muoversi nei periodi più ardui (in particolare quello che va da dicembre 2020 a marzo 2021) e su base regionale.

Questo mi ha dato l’occasione di abitare, come dicevo all’inizio, il territorio. Di scoprirlo e viverlo pienamente. Lungo il letto del fiume, nei sentieri di campagna, nei boschi e vivere così l’attesa della fine della pandemia o di un nuovo inizio, cercando di essere pronta per quello che verrà.

Devo ammettere però che essere cresciuta in un contesto agricolo mi ha dato gli strumenti per affrontare meglio questa attesa, perché aspettare a volte può dare un senso di vuoto, di ansia e di paura.

Chi vive di agricoltura, sa benissimo che l’attesa è parte integrante del suo mestiere. C’è l’attesa vestita di speranza che la bruma non danneggi i germogli delle piante, c’è l’attesa di iniziare il raccolto al momento giusto, pioggia permettendo. C’è l’attesa che quanto seminato, produca frutto.

Queste attese non sono passive, ma piene di cura, è un aspettare preparandosi.

Così ho cercato di fare io, in attesa che il peggio se ne vada, mi sono preparata. Ho letto molto, ho progettato, ho scritto e ho pubblicato.

Come famiglia abbiamo cambiato le nostre priorità e scelto di vivere in un paese rurale. Sono fiera di poterlo dire: facciamo l’orto, come usanza trentina.

Immagine: Foto n.5

C'è un messaggio che ti senti di rivolgere a tutti i trentini e alla Community di MondoTrentino?

Più che un messaggio, un augurio: che possiamo riscoprire il senso profondo di essere comunità, ovunque noi siamo, perché non si tratta di confini, ma di condivisione e di reciproco mutuo aiuto.

Per maggiori informazioni su Mirtis Conci visita il suo sito web: http://mirtisconci.com/

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Ultimo aggiornamento:Martedì, 15 Febbraio 2022