Gabriele Pedrini

laureato in Scienze Politiche con indirizzo Internazionale a Padova, dopo una serie di borse di studio si traferisce per lavoro a Budapest e dopo a Bruxelles dove attualmente lavora per EACEA della Commissione Europea

Data: Martedì, 27 Maggio 2025

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Descrizione

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Chi sei e di dove sei?

Sono Gabriele, trentino, brussellese, europeo. Sono nato e cresciuto a Trento (Povo per la precisione). Da molti anni vivo all’estero, prima a Budapest ora a Bruxelles. Mi sento europeo, ma mantengo ancora un legame con il Trentino.

Qual è stato il tuo percorso di studi?

Ho studiato Scienze politiche con indirizzo internazionale a Padova. Ho sempre desiderato lavorare all’estero e scoprire il mondo, quindi nel corso degli anni ho fatto diverse esperienze di studio e lavoro all’estero (a cominciare naturalmente dall’Erasmus in Germania, a Göttingen). Nel corso degli anni mi sono specializzato approfondendo diverse tematiche legate allo sviluppo umano, la cooperazione allo sviluppo e la gestione di progetti europei e di cooperazione. Recentemente ho frequentato un corso di specializzazione dell’Università di Anversa su energia e cambiamento climatico.

Quando inizia la tua attività lavorativa e come? Ci vuoi raccontare, poi, come evolve il tutto?

Diciamo che nel quadro di un interesse chiaro ma un po’ generico tutto è successo un po’ per caso. Terminati gli studi mi sono un po’ guardato intorno, cercando di capire cosa fare e provando varie strade, senza grande successo: UNV delle Nazioni Unite (volontario) senza esito, mi avevano selezionato per un tirocinio Leonardo in Portogallo ma non ero molto convinto del progetto formativo. Pochi mesi dopo aver terminato il servizio civile nel 2005 (al tempo la leva era ancora obbligatoria) ho trovato su un giornale locale la pubblicità di un corso FSE sulla progettazione europea a Bolzano. Ho frequentato il corso e alla fine dei tre mesi ho svolto un tirocinio presso l’Ufficio di Budapest della società che aveva organizzato il corso. È qui che mi si è aperto un mondo. Dopo il mese di tirocinio sono rimasto altri tre mesi con una borsa Leonardo, poi con vari contratti prima come freelance, poi collaboratore e poi assunto. Sono rimasto circa 4 anni a Budapest. Bellissima città, bell’ambiente, stimolante e un lavoro impegnativo con un ruolo di responsabilità acquisito piuttosto velocemente. L’approccio è stato: ti buttiamo in vasca e vediamo se impari a nuotare. Viaggiavo molto per lavoro perché gestivamo diversi progetti di assistenza tecnica ai Paesi Terzi finanziati dai programmi di azione esterna dell’Unione europea: Balcani, Turchia, Medio Oriente, Cina e Vietnam. In più, tutti i mesi passavo una settimana a Berlino dove stava la sede centrale della mia società; mi sono divertito molto e ho imparato tanto. Sia in relazione al lavoro ma anche sulle differenze culturali tra i diversi paesi dell’Ue e i suoi partner all’estero.

Dopo 4 anni a seguito di una ristrutturazione mi sono trasferito a Bruxelles lavorando sempre per la stessa società, ma con un focus più forte sui progetti di cooperazione transnazionale all’interno dell’Ue. Lavorare a Bruxelles non era mai stato un obiettivo primario tantomeno lavorare per le Istituzioni Europee. La “capitale dell’Europa” mi ha affascinato ma ci è voluto un po’ di tempo. Sono cliché ma è anche vero: il tempo è sempre (o quasi) lo stesso e tendenzialmente brutto, si mangia non troppo bene (a meno che non si conosca bene i posti dove andare) e si spende troppo, la città non è sempre ben organizzata e ci vuole un po’ di tempo per orientarsi nel panorama molto articolato dei diversi livelli politici e amministrativi (Stato Federale, comunità linguistiche, regioni etc..) legati alla coesistenza di due gruppi linguistici differenti (francofoni e neerlandofoni o olandesi).  Però è una città aperta, ricca e vivace culturalmente dove coesistono una moltitudine di culture, identità e esperienze. Questo sia a seguito della presenza delle Istituzioni europee e internazionali quali la NATO, ma anche grazie al fatto che Bruxelles e il Belgio sono una rilevante destinazione di flussi migratori legati alla terribile esperienza della colonizzazione e della decolonizzazione.

Ad ogni modo, dopo qualche anno a Bruxelles sono rientrato in Italia, a Roma. Ho lavorato per due anni nell’Ufficio cooperazione internazionale e progetti europei dell’Agenzia delle Dogane. Facevamo soprattutto progetti di gemellaggio amministrativo (finanziati dalla Ue) tra le Dogane italiane e le Dogane dei Paesi del vicinato orientale e meridionale: risk-based analysis, digitalizzazione dei controlli doganali, facilitazione del commercio ecc. In questo modo contribuivamo in maniera concreta e specifica alla costruzione delle relazioni tra questi Paesi chiave e l’Italia. Le Dogane italiane nel settore erano una potenza: quando partecipavamo ai bandi vincevamo quasi sempre, grazie soprattutto alla competenza e capacità di gestione delle relazioni della Direttrice dell’Ufficio. Roma poi era bellissima. Avevo sempre sperato di vivere almeno un periodo a Roma (sono romanista da sempre). Allo stesso tempo è una città che stanca: a Roma si vede plasticamente che al mondo c’è chi può (chi lavora e soprattutto vive in centro) e chi non può, ossia chi vive e/o lavora in periferia e quindi si deve battere quotidianamente in una giungla di traffico e disservizi soprattutto legati al trasporto pubblico locale.

Così dopo due anni sono rientrato a Bruxelles, questa volta perché volevo veramente rientrare. E tutto ha funzionato perfettamente: il mio contratto si è concluso esattamente nel momento in cui ho vinto il concorso per andare a lavorare per l’Ufficio della Provincia per i rapporti con l’Unione europea. Era settembre 2015, quasi dieci anni fa!

Dove vivi ora e cosa fai?

Ora sono ancora a Bruxelles, ormai è quasi casa. Lavoro per EACEA un’agenzia della Commissione europea che gestisce diversi programmi di finanziamento dell’Ue, il più famoso è l’Erasmus. Io mi occupo dei Corpi Europei di Solidarietà, il programma che sostiene e finanzia enti e associazioni che implementano progetti transnazionali di volontariato a favore di giovani tra 18 e 30 anni (35 per coloro che partecipano a progetti di volontariato umanitario fuori dall’Unione europea).

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Che idea ti sei fatto dell’Europa in cui sei stato ed in cui sei tuttora? amicizie, rapporti, caratteristiche di ogni singolo stato?

Per me l’Europa, l’Unione europea e il percorso di integrazione ad essa legato hanno rappresentato prima di tutto un’opportunità: da giovane ho beneficiato praticamente di quasi tutti i programmi di finanziamento disponibili legati alla mobilità internazionale e alla formazione. Programma Gioventù (scambi giovanili), Erasmus (studi universitari in Germania), FSE (formazione e stage), Leonardo (tirocinio formativo a Budapest). Quindi l’Europa è stata per me ed è tuttora per tutti un’occasione di conoscenza e crescita (professionale, culturale e umana). Permette di costruirsi una visione più ampia e aperta sui tanti temi spesso difficili oggi all’ordine del giorno perché costringe allo sforzo di uscire dalle logiche puramente localistiche e tenere conto dei punti di vista talvolta differenti dei tanti Paesi e popoli che la compongono. Il tutto partendo da quel nucleo di principi e valori che in fondo contraddistinguono e costituiscono la cultura e l’identità europea che è sicuramente un concetto ancora in divenire, ma in nuce già c’è.

È forse scontato e un po’ banale richiamarsi al motto dell’Ue “Unita nella diversità”, però se ripenso ai tanti luoghi dove ho vissuto, studiato e lavorato, ai tanti amici e colleghi conosciuti, sono proprio le parole che mi vengono in mente. Ok suona un po’ retorico, però è proprio così.

Per molti anni lavori all’Ufficio per i rapporti con l’Unione Europea a Bruxelles, cosa ricordi di quel periodo?

Mah, mi ricordo sicuramente la forte motivazione e il divertimento che provavamo andando a lavorare, io e i colleghi, Valeria la direttrice ed Emiliano ed Angela i funzionari. In quei primi anni era stato pensato un progetto molto ambizioso di rilancio della presenza ormai ventennale della Provincia a Bruxelles. L’idea era che l’Ufficio potesse diventare veramente una piattaforma di facilitazione per la proiezione europea delle strutture provinciali e degli stakeholder territoriali (enti di ricerca, associazioni di categorie, cooperazione, associazionismo ecc.). Era un salto anche culturale: proporre l’Europa oltre che come potenziale fonte di finanziamento, anche come occasione di apprendimento, di scambio e di promozione di un modello di sviluppo, specifico e particolare legato all’innovazione, all’autonomia e alle caratteristiche di un territorio di montagna allo stesso tempo periferico ma geograficamente centrale. In quegli anni abbiamo lavorato tanto partecipando fattivamente alle attività delle reti europee e cercando di presidiare i processi decisionali informali dell’Ue e cercando di costruire un flusso di informazioni ed esperienze bidirezionali: da Bruxelles al nostro territorio e dal nostro territorio a Bruxelles.  Pensavamo, forse un po’ ingenuamente, di riuscire a cambiare l’approccio generale verso l’Europa. Dopo una fase iniziale di “semina” a 360 gradi avremmo dovuto cominciare a raccogliere i frutti concreti del lavoro fatto, ma purtroppo non c’è stato il tempo. Cambiamenti nelle priorità provinciali e poi il Covid e il lockdown hanno ben presto fatto archiviare quell’esperienza. È un peccato perché il nostro territorio, per quanto piccolo, avrebbe molto da dire e da fare nell’arena europea. Ad ogni modo, il ricordo di quei primi anni è un ricordo molto positivo ed esaltante! 

Attualmente lavori per EACEA (agenzia che dipende dalla Commissione Europea), ti sembra ora di aver trovato lavorativamente parlando un impiego affine con la tua professionalità?

Assolutamente! Sono molto contento dell’opportunità che sono riuscito a cogliere. Già da un po’ ci stavo provando per trovare nuove sfide, chiudere un po’ il cerchio (avevo già lavorato nel pubblico e nel privato avendo a che fare con le politiche e programmi di finanziamento, ma mi mancava un’esperienza dall’altra parte del tavolo) e imparare qualcosa di nuovo. Ora, dopo quasi dieci anni in Provincia dove ho lavorato più che altro sulle politiche e sulla facilitazione della partecipazione ai progetti europei da parte di Dipartimenti PaT e stakeholders territoriali, sono tornato ai progetti. Mi occupo della valutazione delle proposte progettuali, del supporto ai beneficiari che i progetti li scrivono e gestiscono, dell’organizzazione di eventi di promozione delle opportunità di finanziamento. Il tutto in un settore (quello della solidarietà internazionale) che a me è sempre stato molto caro. Arrivando dall’esterno il lavoro è più impegnativo e ho molto da imparare: procedure, sistemi informatici e di gestione, ruoli e funzioni dei differenti attori coinvolti nei processi. Però allo stesso tempo porto un punto di vista “fresco” e più distaccato rispetto alla macchina burocratica della Commissione e ricca di tante esperienze diverse. Sono stato anche molto fortunato: i colleghi e la dirigenza sono tutti molto bravi, simpatici e disponibili. Mi sono sentito veramente ben accolto.

Che opinione hai sull’Unione Europea? Cosa ritieni fondante e importante per questa, ti sembra che dalla sua costituzione ad oggi sia cambiato molto nei rapporti tra gli stati membri? c’è più accesso, più semplificazione in ognuno di essi e fra di essi, c’è più rispetto tra le nazioni?

Diciamo che l’Unione europea in quanto costruzione politica è tutt’altro che perfetta e ci sono tante cose che andrebbero cambiate e migliorate. Penso da un lato alla carente dimensione dell’integrazione sociale e alla sussistenza delle forti diseguaglianze all’interno dell’Unione e, dall’altro, al permanere in tante materie chiave del voto all’unanimità in seno al Consiglio dell’Unione, un fattore, quest’ultimo, che spesso blocca l’adozione di provvedimenti politici che potrebbero qualificare in meglio il posizionamento dell’Ue, soprattutto ma non solo in politica estera. Soprattutto in questo scorcio di 21 secolo però, di fronte a un mondo che, contrariamente alle aspettative che avevamo fino a non tanti anni fa, diventa sempre più complicato e complesso, l’Unione europea, l’Unione dei Paesi che la compongono, è, secondo me, l’assetto politico che può permetterci di difendere un modello di stato e di governo ma anche un modello politico-sociale che oggi da più parti è messo in discussione (anche al suo interno). Le libertà e i diritti fondamentali della persona, lo stato di diritto, il rispetto delle regole e la divisione dei poteri, la coesione sociale e la lotta alle disuguaglianze sono tra i principi cardine del modello politico e sociale europeo su cui si fonda l’Unione che ne è a suo modo e per quanto possibile garante. Questo modello è attaccato da più parti da una serie di Paesi più o meno apertamente autocratici, pensiamo all’aggressione russa all’Ucraina, ai dazi e alle politiche commerciali aggressive di Trump che distrugge il sistema di regole su cui si basa il commercio internazionale per favorire le imprese statunitensi, o all’autoritarismo cinese. In una prospettiva come questa sono contento di essere europeo e di vivere in Europa.

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Per ora sembra che tu abbia trovato il posto in cui stare, vivere, lavorare, il che è già un grande traguardo. Aspiri ad una vita diversa? O quella in cui ti trovi già ti assorbe pienamente da non aver bisogno d’altro?

Per il momento direi che sto molto bene dove sto. Non vedo la necessità di grandi cambiamenti in futuro. Certamente alla lunga la vita di città stanca e stufa. Non sarebbe male riuscire ad approfittare un po’ di più della vita in campagna e della natura. In questo Trento e il Trentino rimangono imbattibili. Vediamo come va. Già ora le condizioni di lavoro, direi proprio l’organizzazione del lavoro è cambiata molto nelle Istituzioni europee ed è molto più flessibile che da noi. Il telelavoro è strutturale ed è il sistema di lavoro normale. La presenza in ufficio è obbligatoria solo due giorni alla settimana (anche se io vado quasi tutti i giorni). Inoltre, è possibile lavorare all'estero per due settimane all’anno. Sono convinto che tale flessibilità in futuro tenderà ad aumentare. 

Coltivi delle passioni, degli hobby? nel tempo libero cosa ti piace fare? hai molti amici?

Bruxelles è un porto di mare, molti vengono per fare stage o prime esperienze lavorative e poi ripartono per rientrare nei Paesi di origine o fare esperienze altrove. Certamente qualcuno rimane, volente o nolente più a lungo. Io ho un core group di amici conosciuti nei primi anni, soprattutto non italiani. E un altro gruppo di amici ed ex colleghi conosciuti in anni più recenti, questi ultimi più che altro italiani. Negli anni un sacco di amici sono partiti ma a suo modo questo è una buona cosa, perché così si può andare a trovarli un po’ dappertutto. 

Bruxelles è un crocevia di culture: cinema, concerti e festival di tutti i generi e mostre non mancano mai. Io vado spesso a camminare: le Ardenne non sono certo le Dolomiti o il Lagorai però si possono scoprire degli angoli di natura veramente non male e lo stesso vale per la costa del Mare del Nord. Recentemente di meno ma in passato facevo spesso anche dei gran giri in bici nelle campagne fiamminghe: li è facile perché è tutta pianura.

Quando posso faccio anche del volontariato con l'associazione del mio quartiere. Si chiama Community Kitchen, prepariamo pasti (circa 2-300 al giorno) che vengono poi distribuiti dalla Croce Rossa e altri enti in alcuni centri di distribuzione per persone emarginate o senza fissa dimora. Quindi tra lavoro e tutto il resto direi che mi tengo piuttosto occupato.

Che rapporti hai con la tua famiglia ed in generale con il Trentino, ci torni spesso e che visione hai oggi del Trentino?

Purtroppo, ci torno meno spesso di quanto vorrei. In linea d’aria Trento-Bruxelles sono circa 1000 km, un’ora e mezzo di volo. Però le connessioni con gli aeroporti sono tutt’altro che agevoli. Ci vuole un giorno ad andare e un giorno a tornare! 

Torno sempre volentieri per vedere la famiglia, gli amici e andare a fare un giro in montagna. Il Trentino credo sia un territorio con molte potenzialità. Piccolo ma con delle caratteristiche peculiari e delle eccellenze che andrebbero valorizzate meglio anche in Europa. Sarebbe importante che le classi dirigenti avessero uno sguardo un po’ più lungo e meno centrato sulle questioni puramente localistiche e territoriali. In un contesto di forte cambiamento (non necessariamente per il meglio ahimè) dovrebbero provare a immaginare e costruire una visione del Trentino proiettato verso l’Europa, aperto, innovativo che non ha paura di confrontarsi e misurarsi con gli altri territori di Europa ed in generale con il diverso, con cui al contrario può collaborare e scambiare esperienze e conoscenze arricchendosi e contemporaneamente diventando più attrattivo.

Vorresti lasciare un messaggio a tutti i tuoi lettori e alla Community di MondoTrentino?

Ah ah ah spero innanzitutto che non vi siate annoiati! Ringrazio naturalmente per la lettura e per l’attenzione! Poi non lo so inviterei tutti a sentirsi europei e a cercare di conoscere e partecipare di più alle iniziative europee e alle opportunità che la nostra cara vecchia Europa ci offre.

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Ultimo aggiornamento:Martedì, 27 Maggio 2025