Martina Dal Brollo

giovane artista trentina, vive a Barcellona dove progetta e crea contenuti e laboratori artistici per un centro educativo

Data: Giovedì, 09 Gennaio 2025

Immagine: A_Unsplash_Barcellona
© Lucrezia Carnelos - https://unsplash.com

Descrizione

Immagine: foto_profilo

Chi sei e di dove sei?

Mi chiamo Martina Dal Brollo, sono artista e illustratrice; nomade trentina dal 2009. 

Qual è stato il tuo percorso scolastico e formativo?

Ricordo che alle superiori avevo inizialmente scelto di intraprendere studi linguistici ma poi ho capito che le lingue le avrei potute imparare viaggiando e che il mio interesse principale era l’arte. Ho quindi cambiato scuola appena un mese dopo l’iscrizione trasferendomi al Liceo artistico “Alessandro Vittoria” di Trento. 

Dopo le superiori ho scelto di intraprendere un percorso universitario all’estero e dal 2009 mi sono iscritta alla Facultat de Belles Arts di Barcellona. Dopo un periodo di lavoro a Pechino, ho infine concluso i miei studi a Groningen, in Olanda con un Master in «Media, Design and Technology».

Cosa fai oggi e dove vivi?

Continuo ad essere nomade e artista. La mia base é tornata ad essere la Spagna ma appena posso colgo sempre l’occasione per continuare a spostarmi e viaggiare. 

In questo momento alterno i miei progetti professionali artistici ad un lavoro che svolgo quasi completamente da remoto e che mi sta piacendo molto: il mio ruolo é quello della progettazione e creazione di contenuti e laboratori artistici per un centro educativo di Barcellona. 

La mia attività di artista, invece, mi ha portata di recente ad esporre spesso proprio in Italia: all’Abbazia di Novacella durante il Water Light Festival, a Predazzo con Danzare a Monte, allo Spazio Piera di Trento, al Risalite Festival di Montevaccino, a Palazzo Trentini durante la mostra del 70° anniversario del Liceo Artistico e allo Spazio Artemide di Trento. 

Da dove deriva questa propensione per l’arte?

Ho avuto la fortuna di crescere circondata d’arte. Mia madre, Gloria Zeni era ed é rimasta una grande fonte di ispirazione per me ed il mio lavoro. Gloria é stata insegnante al Liceo Artistico di Trento per quarant’anni e non ha mai smesso di raccogliere e trasformare piccoli oggetti di recupero in opere d’arte. La mia casa era costellata di mosaici, pitture e ogni sorta di legno contorto o pietra di fiume che sarebbero un giorno diventati sculture; creature magiche agli occhi della bimba che ero. 

Pensavo che quella casa e quegli oggetti sarebbero rimasti per sempre nella mia vita.. Poi invece ho capito che le cose materiali scompaiono mentre quello che resta è quella spinta creativa che avevo imparato a riconoscere dentro me stessa e che ancora oggi mi accompagna. 

Sei riuscita a farti riconoscere i tuoi titoli conseguiti all’estero anche in Italia, come? cosa hai dovuto fare?

Ottenere l’equipollenza del mio titolo di studio estero é stata un’odissea burocratica durata piú di due anni. Durante questo periodo mi sono resa conto che il famoso «Processo di Bologna», la riforma internazionale dei sistemi di istruzione superiore europei che si proponeva di garantire il riconoscimento tra stati delle qualifiche ottenute all’estero, era una bella idea che, di fatto, non ha mai veramente funzionato. Dopo essere stato autenticato da ben due giudici, l’originale del mio titolo, completo di timbri ufficiali e postille, é rimasto parcheggiato in un ufficio del MIUR, a Roma, sotto un plico insormontabile di altri documenti di aspiranti insegnanti come me. A detta della segretaria che solo ogni tanto rispondeva annoiata alle mie numerose chiamate, la causa di tale ritardo era dovuta al fatto che lei fosse l’unica incaricata e responsabile a smaltire tutti quei documenti e che, come ho poi scoperto, solo se debitamente adulata e pregata, si sarebbe scomodata a smuovere le acque... 

La mia determinazione ha infine avuto la meglio ma consiglio a chi come me ha intrapreso questo lunghissimo processo burocratico, di non aspettare di essere chiamati ma continuare invece a scrivere e alzare (gentilmente) la voce per non essere dimenticati sotto altri documenti impolverati...  

Immagine: Great_wall_pechino

Quando ti sei trasferita per 8 mesi in Cina? cosa hai fatto in quel periodo, ci vuoi raccontare?

Sono partita per la Cina una volta finiti gli studi a Barcellona. Volevo vedere altre parti del mondo e lavorare facendo qualcosa di creativo e l’occasione mi si è presentata grazie all’offerta di un professore di scultura, che aveva appena iniziato un programma di scambio tra l’Università di Barcellona e la scuola SI SU Cultura di Pechino. 

A 27 anni sono quindi partita da sola per quest’avventura che mi avrebbe portata ad essere la principale insegnante di un centro educativo nella periferia di Pechino, una megalopoli di 130 milioni di abitanti. Il mio ruolo era principalmente quello della creazione del programma artistico per tutta la scuola. Avevo un interprete che traduceva le mie lezioni dallo spagnolo al mandarino e tanti curiosissimi bimbi e altrettanti genitori spesso più interessati alla mia figura di occidentale che al contenuto delle lezioni stesse. 

Durante i weekend, approfittavo per viaggiare e riempirmi gli occhi di meraviglia... La città proibita, il 798 Art District, i mercati ricchi di profumi e piante mai viste e l’incredibile cultura culinaria sono solo alcune delle cose che mi porto ancora dentro. 

Condivido qui un piccolo testo scritto nel 2016, sugli Hutongs, i quartieri storici cinesi.

«Le porte.. riguardando tra le foto degli hutongs ho scoperto una mia piccola ossessione: Le porte e i vicoli cinesi. Vicoli malmessi, porte scrostate, realtà che appaiono abbandonate ma che incarnano l'autenticità di un popolo povero ma degno, lo stesso che in occidente pare tanto temibile. Negli hutongs ho scoperto un micro-mondo di odori speziati, genti e pareti fatte di storie. Adoro camminare sola tra queste piccole case.

Sembra che nessuno abbia paura di lasciare aperte le proprie dimore e oltrepassando le mille porte che danno sulla strada principale ci si immerge in una realtà inaspettata fatta dei colori dell'inverno, dei panni stesi alle finestre e della frutta lasciata a seccare al sole.

Qualcuno potrebbe scambiarla per miseria, io ci vedo anche dell'altro. Segni lasciati da uomini e donne che tra queste pareti hanno trovato protezione e rifugio dal caos di questa multiforme Pechino. L'intonaco rosso é la pelle, i muri lo scheletro. Insieme costituiscono il corpo di questo quartiere, un quartiere che invecchia con il tempo, e il tempo lo rende più bello e più vero.»

Qual è il tuo orientamento artistico, cosa realizzi? Cosa ti interessa ora di più nel tuo operare, su cosa sei maggiormente concentrata?

La sperimentazione é sempre stata alla base del mio creare artistico. Mi interessano le interazioni e contaminazioni tra diverse discipline: tra le arti tradizionali e le nuove tecnologie. Amo l’arte che coinvolga diversi sensi, che sia sonora, cinetica o tattile oltre che visiva; arte che coinvolga lo spettatore su diversi livelli di lettura e che faccia riflettere sulla condizione contemporanea. «Con-Temporary studio space» è uno dei miei ultimi lavori che grazie al premio speciale alla Cultura Movin’up ho potuto portare per la prima volta in Italia. É un progetto artistico interdisciplinare ed itinerante presentato nello spazio pubblico. Il lavoro include un’installazione partecipativa ed una performance multimediale che hanno l'obiettivo di portare l’attenzione sul tema dell’inquinamento ambientale attraverso una prospettiva artistica ed un’azione partecipativa.

Come altri progetti recenti, é un lavoro che nasce con un viaggio;  una raccolta di dati, materiali di scarto e di storie che sono servite per creare un collage materico che é la base di un’azione e proiezione dal vivo.
Le biciclette usate durante il viaggio, sono anche la fonte di energia di tutta l’installazione e vengono utilizzate dal pubblico che diventa al tempo stesso fruitore e attivatore di questo peculiare cinema a pedali. 

Immagine: _opera interattiva_Tschumi_Pallion_Groningen_Olanda2

Come prosegue il tuo lavoro, quale leitmotiv credi abbia?

Credo esistano tanti modi di fare arte quante siano le personalità del mondo. Quello che a me interessa è quel linguaggio artistico che sia capace di toccare corde dove altri linguaggi non arrivano. Allo stesso tempo, anche la percezione dell’opera sarà diversa per ognuno, e non credo che l’arte contemporanea sia necessariamente per tutti. Però se anche solo uno dei tanti livelli di lettura di un lavoro ti tocca, che sia attraverso gli occhi, le mani o le orecchie, allora l'obiettivo è raggiunto. Se un lavoro entra attraverso i sensi, poi  toccherà anche l’intelletto. Nel mio lavoro rifletto molto sull’inquinamento ambientale, sulle sue cause e su quali siano le mie possibilità come artista di trasformare i nostri rifiuti in materiali utili per fare arte. Allo stesso tempo, continuo a lavorare con tecniche più tradizionali come la pittura ad olio che mi permettono di catturare altre sfumature del mondo. 

Ci puoi parlare di come hai vissuto in Olanda subito dopo gli studi? Come ti sostenevi e quali possibilità c’erano?

Una volta finito il Master a Groningen, ho lavorato in Olanda come artista. Nel Nord Europa esistono diversi premi e sussidi come il Mondrian Fond che permettono agli artisti di lavorare e sostenersi professionalmente. Contrariamente alla realtà del sud Europeo, nel nord esistono diversi fondi destinati anche ai giovani talenti. Se come artista dimostri che la tua arte è un contributo importante per la cultura e il paese in cui vivi, puoi ricevere un finanziamento dal Mondrian Fond. Questi contributi sono importantissimi perché permettono anche agli artisti più orientati alla ricerca e meno alla compravendita di opere d’arte di poter lavorare. Allo stesso modo, nessuno in Olanda si sognerebbe mai di chiederti di montare una mostra senza essere pagato, e questo purtroppo non sempre accade nel nostro paese. 

Perché hai scelto ora di vivere e lavorare in Spagna? 

Sono diventata mamma di uno splendido bimbo: Aran. Il padre é spagnolo e per ora abbiamo scelto di vivere qui. 

Quale rapporto hai con la nostalgia, dopo svariati anni lontana dal Trentino? Sappiamo che torni spesso in Italia, hai mai pensato di rientrare “definitivamente” in Trentino?

Anche se in ogni momento sapevo di star facendo la cosa giusta per me stessa, ho sempre vissuto questi anni lontana dalla terra in cui sono nata con un fondo di nostalgia. Ho viaggiato tanto ma per me non esiste un luogo più bello al mondo che il Trentino e le sue montagne; e le radici sono le radici. Un giorno, mi piacerebbe tornare. 

Da “expat” ti andrebbe di dire qualcosa o lasciare un messaggio a chi ti legge e alla Community di MondoTrentino?

Che tu stia per partire o che tu stia per tornare, goditi il viaggio e il percorso che stai facendo. Viaggia sempre, però; anche se il viaggio lo fai solo con la testa o con il cuore. Il movimento, anche se non fisico, é ciò che fa girare il mondo, e le idee che cambiano il mondo.

Immagine: porte_pechino

Ulteriori informazioni

Licenza d'uso
Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

Ultimo aggiornamento:Giovedì, 09 Gennaio 2025